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Patti di famiglia: le somme liquidate agli altri legittimari non sono considerate costi incrementativi

Patto di famiglia e liquidazioni

 

Le somme versate dal beneficiario di un patto di famiglia agli altri legittimari non assegnatari non possono essere incluse nel costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione trasferita. Questa è la posizione espressa dalla Direzione Regionale delle Entrate dell’Emilia-Romagna in una risposta a un’istanza di interpello non pubblicata.

Il caso: liquidazione tra legittimari nel patto di famiglia 

Un contribuente aveva ricevuto dal padre, tramite un patto di famiglia (ai sensi degli articoli 768-bis e seguenti del Codice civile), quote di partecipazione in due società di persone. Contestualmente, il padre aveva liquidato una somma di denaro al fratello, legittimario non assegnatario, somma imputata alla quota di legittima del fratello nella futura successione.

Ora, il figlio assegnatario intende cedere a terzi una delle partecipazioni e si interroga sulla possibilità di includere la somma versata al fratello nel costo fiscalmente riconosciuto della quota, riducendo così la plusvalenza da tassare.

Pronunce giurisprudenziali e interpretazioni

L’istante ha fatto riferimento a pronunce della Cassazione (sentenza n. 29506/2020 e ordinanza n. 19561/2022), che qualificano l’obbligo di liquidare gli altri legittimari come un “peso” gravante sull’attribuzione patrimoniale. Secondo questa logica, la somma versata dovrebbe essere considerata un costo sostenuto dall’assegnatario per ottenere il trasferimento delle partecipazioni o dell’azienda.

In alternativa, si potrebbe ritenere che il costo sia stato sostenuto dal disponente (il padre), trasferito poi all’assegnatario in virtù del patto di famiglia. In entrambi i casi, l’importo dovrebbe concorrere alla determinazione del costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione, riducendo così la base imponibile della plusvalenza.

La posizione delle Entrate: somme non rilevanti fiscalmente

La Direzione Regionale delle Entrate dell’Emilia-Romagna ha respinto questa interpretazione, sostenendo che le somme versate ai legittimari non assegnatari servono a riequilibrare l’incremento patrimoniale del beneficiario e non rappresentano un “onere accessorio” ai sensi del comma 6 dell’articolo 68 del Tuir. Di conseguenza, tali importi non possono essere inclusi nel costo della partecipazione ai fini del calcolo della plusvalenza.

La motivazione richiama le circolari 3/E/2008 e 18/E/2013, che considerano tali liquidazioni come attribuzioni patrimoniali a favore dei legittimari non assegnatari, prive di rilievo ai fini delle imposte sui redditi.

Critiche alla posizione dell’amministrazione finanziaria

Secondo lo studio Cndcec/Fnc “Il patto di famiglia e il passaggio generazionale dell’impresa” (15 luglio 2020), questa interpretazione è discutibile. La liquidazione ai legittimari non assegnatari rappresenta, di fatto, un costo sostenuto dal beneficiario per acquisire l’azienda o le partecipazioni societarie.

L’assenza di riconoscimento fiscale di tali somme potrebbe penalizzare chi utilizza il patto di famiglia come strumento per il passaggio generazionale, creando un disincentivo all’adozione di questa forma di pianificazione successoria.

La questione evidenzia una lacuna normativa che potrebbe essere oggetto di futuri interventi. Riconoscere fiscalmente la liquidazione ai legittimari non assegnatari come costo dell’operazione sarebbe coerente con il principio di equità fiscale e con l’obiettivo di favorire il passaggio generazionale delle imprese.